
La Puglia è la regione, l’unica, che offre luoghi e panorami tanto cangianti, quanto affascinanti. Da nord a sud la metamorfosi è impressionante e chiunque vi si rechi non può che restarne ammaliato. Dal Gargano al Salento le costanti restano la terra, il sole, il mare. Non si può opporre resistenza ai sapori e ai profumi di cui è intrisa. Ma la Puglia è anche lavoro, fatica, è terra brulla e sole cocente.
E i ricordi tornano a galla come fossero terre sommerse.
Le spighe di grano svolazzanti sotto il vento, le girandole dell’acqua che alla sera ed al mattino presto rifocillavano le piante arse dal sole, i campi di anguria, i lunghi filari di vigne i cui grappoli d’uva sembravano smeraldi… sono passati diversi anni, ma a volte tutto sembra immutato.
Ricordo che quando si andava a lavorare nei campi la sveglia al mattino era sempre molto presto. Alle 4 mio nonno era già in piedi: presto il sole si sarebbe alzato e reso impossibile il lavoro. Lo rivedo qui davanti a me: cappello di paglia in testa, camicia a maniche lunghe e pantaloni lunghi. “Ma nonno” gli dicevo sempre “Così avrai caldo”. Ma lui mi rispondeva che era l’unico modo per proteggersi dai potenti raggi del sole che, già dopo poche ore dal suo sorgere, sarebbero diventati così potenti che gli avrebbero bruciato la pelle. Alle 11 rientrava a casa, madido di sudore, con gli occhi rossi, e le mani sporche di terra. Dopo un riposo di qualche ora, ritornava nei campi, non prima delle 4 e mezza del pomeriggio.
A quell’ora il sole bruciava ancora, ma non uccideva. Lo sapevano bene i “vecchi”, sapevano che il sole ammazza, sapevano che il sole avrebbe reso orfani i loro figli, di madre e di padre. Oggi non sembra più essere così e i meravigliosi pomodori che arrivano sulle nostre tavole sono tinti di sangue, quel sangue di uomini e donne che per qualche euro, lavorano anche quando il sole sembra lanciare sulla terra dardi di fuoco e l’aria diventa irrespirabile.
Dal nord al sud della Puglia, li vedi ricurvi nei campi, senza volto, che pregano in silenzio di sopravvivere, privati persino dell’acqua, che quando c’è, mista alla terra, diventa un macigno difficile da deglutire. Si muore di caldo in Puglia. Si muore perché le condizioni di lavoro nei campi diventano sempre più disumane. Per pochi euro. Due o tre all’ora. Che non garantiscono la vita, ma la deturpano, la calpestano, rubando a questi uomini e q queste donne senza nome e senza volto, la dignità.
“Nessuno vuole più fare lavori di fatica” senti spesso dire. E allora ci sono gli stranieri, gli africani, quelli che già hanno la pelle scura e il viso scavato dal dolore, loro che per pochissimi euro vivono e lavorano al margine. In baracche pericolanti i loro materassi diventano pile ammassate di terrore, un rifugio che non protegge dalla viltà umana.

Tra caporalato e sfruttamento, continuano ad abbassare la testa, continuano a tenere le labbra serrate perché un lamento non è consentito. Un lamento ammazza più del sole. E allora meglio tornare faccia a terra, con la schiena curva per ore, con le ginocchia consumate dal dolore e le mani piene di calli che ormai si congiungono solo per pregare.
Quanta amarezza, quanto indifferenza, quanta morte.
Ciò che arriva nel nostro piatto è frutto del loro sacrificio, della loro “schiavitù”.
Il presidente della regione Puglia, Emiliano, ha emanato un’ordinanza in cui si vieta il lavoro nei campi dalle ore 12.00 alle ore 16.30. Penso: serviva un’ordinanza o solo un po’ di buon senso e coscienza?
Una legge già c’è e tutela la salute e la sicurezza di tutti i lavoratori e di tutte le lavoratrici, che non consente lo sfruttamento, che garantisce condizioni di lavoro dignitose e uguali per tutti e tutte.
Qui manca la cultura della sicurezza, senti spesso dire. Se pensi a queste cose non guadagni più niente. E allora, poco o tanto che sia, si guadagna sulla pelle altrui, perché quella “vale meno”.
Non voglio pensare che ci si voglia arrendere a questo, non voglio credere che a causa dell’ignoranza di pochi si continui a morire in tanti.
Le leggi ci sono, applichiamole. Il buon senso esiste, usiamolo. La coscienza c’è, ascoltiamola.
Non trinceriamoci dietro i confini, non schermiamoci dietro quel “tanto così si fa”: la terra non può nutrirsi del sangue di quelli che, solo perché hanno la pelle scura, non hanno diritto alla vita ed alla dignità!