Un capannone andato distrutto e decine di biciclette completamente da buttare nel rogo che ha visto protagonista un’azienda del vicentino la M-Bike Di Mutterle Nicola, appassionato del settore molto conosciuto in città. L’azienda commerciava biciclette tradizionali ed elettriche ma anche monopattini e dispositivi elettronici di vario genere.
Un incendio che ha visto coinvolti i vigili del fuoco di Vicenza, Schio e Arzignano fino all’alba e che è ora al vaglio degli organi investigativi per capire le cause che hanno portato all’incendio.
Il dubbio che risalta in un evento “catastrofico” come questo è se le misurte di sicurezza adottate siano state quelle necessarie. Senza volerci sostituire alla magistratura che farà le proprie indagini voglio porre una questione inerente la classificazione ATECO di alcune attività che, anche alla luce dell’evoluzione tecnologica, stanno mutando i prodotti stoccati e venduti.
L’azienda coinvolta nell’incidente ha un codice ATECO “46.49.4 – Commercio all’ingrosso di articoli sportivi (incluse le biciclette)” viene considerato a basso rischio. Questo significa che l’azienda riceve le formazioni e adotta misure di sicurezza paragonabili a quelle di un ufficio nonostante possano essere stoccate centinaia di biciclette che dispongono tutte di una batteria. Infatti una bicicletta elettrica o ebike è sempre composta da:
- Il motore, che si occupa di fornire la spinta alle ruote
- Il display, che visualizza le informazioni sulla bicicletta, insieme ai comandi per accenderla e controllarne le funzioni
- La batteria, che accumula energia e la fornisce al motore quando richiesto
- La centralina, che gestisce i comandi impartiti al motore
Si tratta di componenti di dimensioni e voltaggio ridotti, è vero, ma comunque in grado di causare un incendio. A queste vanno poi sommati i monopattini che non sono differenti da altri piccoli veicoli elettrici con batterie in grado di sprigionare oltre 300 watt e potenzialmente in grado di dare vita ad un incendio anche considerando le altre sostanze infiammabili che potrebbero esserci in un attività che fa piccole manutenzioni sugli stessi.
Un altro incendio in condizioni simili è avvenuto anche di recente a Orbetello, in provincia di Grosseto, e a Varese nel giugno di quest’anno a dimostrazione che non è casuale l’evento di questa notte.
Mi chiedo quindi se siamo realmente sicuri che sia corretto classificare come un basso rischio un’azienda che prima vendeva “metallo” e adesso vende “batterie e centraline elettroniche”. Si tratta solo di un errore dovuto esclusivamente allo sviluppo di una particolare tecnoilogia oppure va rivisto completamente il modello di classificazione legato ai codici ATECO?