
Nessuno di noi vorrebbe mai trovarsi in balia del mare, alla deriva, lontano dalla terraferma. Eppure, quello che stiamo vivendo, capitanati dalla Ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina è proprio questa. Telefoni che squillano, rimpalli di responsabilità, incertezze, paura che genera altra paura… ed intanto il mondo scuola subisce ulteriori battute d’arresto.
Le crepe istituzionali, che non sono mai state risanate, si fanno in questo particolare periodo storico, sempre più profonde, rendendo inabile non solo il corpo docente e il personale scolastico, ma anche gli allievi e le rispettive famiglie.
Sembra quasi che l’istruzione non sia più un diritto, sembra quasi che l’azione governativa non si avvalga di metodi e competenze, ma stia agendo sull’onda della precarietà e dell’improvvisazione, ed è come assistere ad una tragicommedia di terz’ordine.
Linee guida dell’ultimo minuto, protocolli che vengono varati da fantomatici esperti, formazioni da erogare che tengano ben conto della questione della Sicurezza.
Già, qui parliamo della sicurezza dei nostri figli che vivono la scuola, della sicurezza degli insegnanti, della sicurezza del personale, della sicurezza di tutti coloro che si muovono all’interno degli istituti scolastici. Porsi delle domande è più che lecito, ma legittimo e doveroso sarebbe ricevere delle risposte, non delle battute di copione da ripetere a pappagallo.

La prima domanda che mi pongo è: quanto della normativa vigente in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro conoscono i docenti, i dirigenti scolastici, il personale di servizio? Quanti tra costoro sono stati sopposti ad una visita medica, da parte del Medico Competente, per verificare l’idoneità psico fisica allo svolgimento dell’attività lavorativa? Quanti tra costoro conoscono il piano di evacuazione dell’istituto presso cui lavorano?
Non posso far altro che intuire la risposta. Eppure, all’interno delle disposizioni emanate dal governo in vista della riapertura delle scuole si fa riferimento alle figure coinvolte all’interno del Sistema di Prevenzione e Protezione, si fa riferimento alla formazione, all’informazione ed all’addestramento. Ma sembra quasi che si parli di extraterrestri che vengono da Marte per fare una gitarella sulla Terra.
Da moltissimi anni le aziende sono soverchiate dai costanti mutamenti in merito agli obblighi normativi in materia di sicurezza, e vi si adeguano. Per cui: qual è la ragione per cui ciò non avviene nel mondo istituzionale e statale?
Non ci sono per caso persone che ci lavorano, in detto mondo? E non è forse giusto prevenire, proteggere e tutelare anche la loro salute e sicurezza? O sono immuni dagli incidenti, dagli infortuni, dalle malattie professionali?
Mi piacerebbe che qualcuno potesse spiegarmelo, perché è vergognoso che una mamma, il cui figlio è morto a scuola a causa del crollo di un solaio, (diversi se ne sono verificati negli ultimi anni) si prenda oggi la briga di andare a vedere lo stato strutturale in cui versano gli istituti scolastici italiani, è vergognoso assistere inermi all’agonizzante declino dell’istituzione scolastica.
Istituti fatiscenti, docenti (con cattedra o meno) e personale di servizio privi di formazione, allievi e famiglie alle prese con lungaggini burocratiche ed amministrative rendono la scuola statale, che ricordiamo dovrebbe garantire il diritto all’istruzione, un grande circo, in cui chi fa ridere di più ottiene l’applauso del pubblico.
Di certo occorre effettuare una virata, di certo è necessario uscire dagli onirici confini all’interno dei quali abbiano accettato di essere relegati, di certo occorre ripartire dal reale e dalla contingente necessità di intervenire.
E non basta solo intervenire sul piano prettamente emergenziale, non si può pensare di rattoppare, quando invece bisogna ricostruire.
Il documento programmatico emanato dal governo tiene conto delle disposizioni, delle buone prassi, dei comportamenti da tenere da parte di coloro che abitano gli istituti scolastici, consiglia l’informazione e la formazione per contingentare la proliferazione del virus. Tutto giusto, tutto corretto! Ma come si può pensare di mandare all’università qualcuno che non sa né leggere né scrivere? Ciò che voglio dire è che va bene la formazione in detto ambito (l’emergenza sanitaria ha certamente sferrato duri colpi alle vite di tutti noi), ma non sarebbe forse il caso di fare formazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, non sarebbe forse il caso di far conoscere i ruoli e le competenze degli attori della sicurezza, prima di nominare un responsabile Covid?
Il pensiero che si sta ampiamente diffondendo è che incompetenza ed improvvisazione siano caratteristiche peculiari che fanno di un “professionista” un “buon professionista”.
Io continuo a non pensarla così, anzi mi convinco sempre di più che la battaglia più grande che oggi possiamo vincere è quella della lotta contro l’ignoranza, l’egocentrismo e il narcisismo, perché ancora credo nell’Italia e gli italiani.