
Cristina Obber ha pubblicato tra gli altri: Primi baci (AF editore), Siria mon amour e L’altra parte di me (Piemme). Si occupa di formazione nelle scuole e nelle aziende su stereotipi di genere e violenza digitale. È presente su «Lettera Donna» di Elle e su «La 27esima ora» del Corriere della Sera. L’illustratrice del libero è invece Silvia Vinciguerra, diplomata in Illustrazione per l’editoria all’Accademia di Belle Arti di Bologna ha partecipato a numerose mostre collettive. Ha scritto e disegnato Storia di Perceval (Biblioteca dei Leoni), W i nonni (Settenove).
Ho deciso di scrivere Giro Girotondo dopo aver letto di Michele Ruffino, un ragazzo di 17 anni che si è tolto la vita a causa di continue vessazioni da parte di compagni di scuola che lo schernivano per una sua disabilità alla gamba.
Mi occupo di violenza di genere nelle scuole da tanti anni, con ragazzi e ragazze delle medie e delle superiori.
Parliamo di stereotipi, di bullismo, di relazioni, di sessismo e omofobia, di disabilità anche.
Nelle scuole, come nella società, si parla molto poco di abilismo, della discriminazione contro la disabilità. L’abilismo può essere feroce, come nel caso di Michele, ma anche apparentemente più lieve, utilizzando termini che descrivono la disabilità in una accezione negativa.
Tra i banchi di scuola espressioni come «handicappato» sembrano una sciocchezza, come sembra una sciocchezza dire «zoccola» o «frocio», perchè le parole si usano anche senza consapevolezza del loro significato e senza alcuna riflessione sull’importanza del linguaggio e delle sue conseguenze. Si parla poco di rispetto e responsabilità.
Eppure «le parole fanno più male delle botte», come scrisse Carolina Picchio a 15 anni prima di togliersi la vita per le cattiverie ricevute dopo la diffusione di un video in cui veniva molestata da alcuni amici che l’avevano fatta ubriacare ad una festa.
Avevo seguito anche il caso di Carolina, e di altri adolescenti in Italia e nel mondo, uccisi dal bullismo; nonostante la rotondità del suono di questo termine, è una pratica tutt’altro che rotonda, è violenta e piena di spigoli, di punte taglienti che fanno male.
Il bullismo c’è sempre stato, certo, ma un tempo ci si vergognava di essere stati cattivi, oggi non ci si vergogna di dare a qualcuno del fallito o dello sfigato, di mortificare, umiliare. Anzi, si cerca una platea sempre più ampia. Gli adolescenti non nascono crudeli, crescono con i valori e con gli stereotipi che noi gli diamo insieme al latte, nel biberon, da quando sono piccoli, assorbano ciò che il contesto culturare intorno a loro propone.
Oggi la cattiveria è sdoganata perchè la violenza ci arriva anche dalle istituzioni che dovrebbero rappresentare un modello di serietà e rettitudine. Questo toglie i freni, ognuno si fa le proprie regole e la violenza non scandalizza.
L’uso sempre più precoce della tecnologia ne anticipa la normalizzazione sin dalla prima infanzia, così che già a cinque o sei anni si assiste ad atteggiamenti sovraricanti e discriminatori.
I social media amplificano ogni forma di violenza, la fanno uscire dall’ambito privato, la rendono incancellabile, ininterrottamente ripetibile, un peso che schiaccia e che può essere così pesante da annientare. Nelle scuole mi sento dire tante cose che non vorrei sentire, e per questo ho scelto di dedicare una collana di libri all’infanzia, perchè ciò che respiriamo nei primi anni di vita ci accompagna tutta la vita.
Giro Girotondo promuove l’ empatia, ovvero la capacità di sentire l’altro, di fare nostri i suoi stati d’animo, le sue difficoltà, le sue emozioni. L’empatia è un patrimonio per ognuno di noi. È un’esperienza di umanità ed è una abilità sociale, uno strumento che ci mette in contatto gli uni con gli altri per convivere con maggiore accoglienza reciproca.
Il libro racconta una storia molto semplice in cui Giorgia e Giorgio, insieme ai loro amici, si ritrovano nel cortile della scuola per il girotondo intorno a un ulivo secolare; ognuno porta con sè una differenza, fisica o attitudinale.
C’è ad esempio Filippo che è dislessico, c’è Marco con la sindrome di down, c’è Mariam che ha la pelle scura, c’è Giorgio che non sa andare in bicicletta ma sa fare dei biscotti buonissimi, perchè ognuno di noi ha delle abilità.
Quando la tartaruga Michele, che ha un problema ad una gamba, cade, il girotondo riprende, ma più lentamente, perché ciò che conta è farlo insieme, rispettando i tempi di tutti.
In quel cortile chi cade viene aiutato a rialzarsi. I personaggi hanno tutti il nome di un ragazzo o una ragazza vittime di bullismo, alcuni non ce l’hanno fatta a sopportarlo, altri che invece sono riusciti a reagire prima di esserne sopraffatti.
Il libro è un omaggio a tutti loro. Si ispira a storie dolorose ma, essendo dedicato ai bambini dai 3 ai 6 anni, propone un’esperienza di gioia, così come gioiose sono le illustrazioni di Silvia Vinciguerra. Ho scelto l’ulivo perchè simbolo di pace e di memoria e perchè ci vuole tempo per diventare secolare così come ci vuole tempo per prendersi cura delle relazioni. Come in «W i nonni», il primo libro della collana che parla del prendersi cura di un nonno anziano, Giro Girotondo propone comportamenti positivi in cui identificarsi, perchè nel sostenerci l’un l’altro siamo più felici tutti.
È edito da Settenove edizioni con il patrocinio di Amnesty International Italia, con le seguenti motivazioni:
«Amnesty International Italia sostiene Giro Girotondo per la sua capacità di celebrare, con tenerezza e umorismo, i temi della diversità, dell’empatia e dell’inclusione. Le parole di Cristina Obber accompagnate dalle bellissime illustrazioni di Silvia Vinciguerra riescono a mettere in luce i valori fondamentali dei diritti umani come il rispetto delle diversità, l’amicizia e la cooperazione, incoraggiando i più piccoli a essere orgogliosi di come sono, ognuno unico e speciale con le proprie caratteristiche e abilità»