
Come ogni anno l’assegnazione del Premio Nazionale Giovanni Borsellino ha dato la possibilità di valorizzare il lavoro svolto da chi combatte la mafia ogni giorno. Uno dei premiati è stato il Magistrato Roberto qui descritto da Stefano Bucceri, suo ex collaboratore, che lo ha conosciuto di persona e professionalmente.
All’amico fraterno Roberto,
scrivo questo articolo al fine di ringraziare una persona speciale con la quale ho condiviso quasi 22 anni della mia vita professionale e che è riuscito, con grande serietà, a permettermi di crescere professionalmente ed umanamente. E’ la prima volta che ringrazio il dott. Sparagna pubblicamente. Ho tratto spunto dalla recentissima manifestazione tenutasi a Pescara per l’assegnazione del premio Borsellino edizione 2019. Tra gli assegnatari vi è proprio l’amico fraterno, il P.M. Roberto Maria SPARAGNA.
La scelta del periodico Punto di Vista non è casuale, perché non tutti sanno che il dott. SPARAGNA ha iniziato la sua vita giuridica prima svolgendo la pratica presso uno studio legale romano e poi in qualità di funzionario di Polizia frequentando il corso di commissario di P.S.; ma la sua prima esperienza specialistica presso gli uffici giudiziari di Torino la fece in qualità di Sostituto Procuratore presso la Procura Circondariale di Torino – Gruppo tutela degli ambienti di lavoro, dei consumatori e dei malati coordinato dal Procuratore Aggiunto dott. Raffaele GUARINIELLO.
E’ superfluo aggiungere che il dott. SPARAGNA durante la sua permanenza presso il suddetto settore, si è subito distinto per avere condotto numerose e complesse inchieste con brillanti risultati fino alla fine dello scorso millennio.
Ma torniamo alle origini … era il dicembre 1995 quando il Procuratore Aggiunto dott. Pietro Miletto mi assegna al giovanissimo P.M. Roberto SPARAGNA. Da quel giorno inizia così una collaborazione ininterrotta durata oltre un ventennio e conclusasi (sic!) con il mio pensionamento, nel gennaio 2017. Sin da subito con il dott. SPARAGNA si è instaurato un rapporto fiduciario e di stima reciproca. Ciò che mi ha colpito subito, oltre alla professionalità, sono state, l’umiltà, l’umanità, la sensibilità, la correttezza e l’alto senso dello stato e della legalità. In tutti questi anni si è dedicato prevalentemente al lavoro, sacrificando, in parte, la famiglia ed il suo hobby per la pesca in mare. Dico in parte, perché spesso per non fare pesar troppo alla famiglia la sua dedizione (che definirei missione) per il lavoro, si è sempre adoperato per essere un papà ed un marito presente, sacrificando il suo tempo libero, o in alcuni casi il riposo notturno. Ad esempio se accompagnava uno dei figli per un attività sportiva, al suo ritorno “recuperava” il lavoro oppure lo riprendeva quando i ragazzi erano andati a letto ovvero durante la notte.
Spesso, il mattino successivo giungeva in ufficio, dicendo: questa notte alle 4 ho risolto il fascicolo di Tizio, ovvero, in relazione a quel fascicolo di Caio mi è venuto in mente questa soluzione, ecc. Senza contare la preparazione “maniacale” (spesso fino a tarda sera) che curava nella preparazione dei processi nei giorni che precedono le udienze, oppure la meticolosa raccolta di elementi pro e contro reo. Insomma un uomo geniale! Ritengo sia inutile sottolineare che per una persona così impegnata non esistono ferie, festivi, prefestivi o orari di ufficio. Agli inizi del 2000, successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo 19 febbraio 1998 n. 51, che ha introdotto nell’ordinamento giudiziario il giudice unico di primo grado, vengono soppresse le Procure Circondariali che furono un’ottima palestra per molti magistrati.
Nello stesso periodo è prossimo il trasferimento degli uffici giudiziari presso il nuovo palazzo di giustizia. Con il trasferimento presso tale sede e con la particolare delicatezza delle indagini che nel frattempo vengono affidate al dott. SPARAGNA, viene ampliato l’organico della squadra con l’ingresso prima di Giò e dopo di Fer (da tre passiamo a cinque unità). Altri due preziosi colleghi che hanno consentito all’ufficio di non collassare sotto il peso di una enorme mole di lavoro, senza alcun dubbio paritario a quello che mediamente gestisce la Procura di un piccolo centro.
Mi sia concessa una breve parentesi per una lode particolare alla storica assistente Gabriella. Altra persona infaticabile ed insostituibile, da cui tanti dovrebbero prendere esempio. Piccola nota di colore: con tutta la squadra all’opera, il capo (tra l’altro non si è mai considerato tale) aveva coniato il termine “smazzolare” (lavorare intensamente). La profonda conoscenza delle nostre complesse norme giuridiche e lo spiccato piglio investigativo gli hanno consentito di mietere diversi successi in campo giudiziario. Tant’è che nel corso delle indagini, all’inizio di questo millennio, sul serial killer Minghella un GIP lo definì “un autentico mastino”. Ritengo che la direzione delle indagini sul serial killer Minghella, sia quella che ne ha fatto apprezzare le particolari doti investigative a superiori ed opinione pubblica, sebbene sia sempre stata una persona riservata, lontana dai riflettori e contraria a qualsiasi corrente della magistratura. Nel 2004 viene assegnato alla DDA di Torino dove inizia una serie di complesse indagini prima contro la ‘ndrangheta e dopo contro il terrorismo anarchico. In relazione all’indagine MINOTAURO sulla ‘ndrangheta è stato l’artefice (qualcuno ha scritto tra gli artefici, ma in realtà l’intuizione è stata sua) dell’intuizione sull’unitarietà della ‘ndrangheta in Italia, concepita come una struttura inscindibile pur se organizzata in articolazioni territoriali che “coprono” l’intero paese. Il dato giuridico è stato richiamato anche in altre sentenze contro le ‘ndrine e confermato dalla Suprema Corte di Cassazione.
Non sono un mistero gli ottimi rapporti intrattenuti e riconosciuti da tutta la classe forense, naturalmente sempre nel rispetto dei rispettivi ruoli. Qualità riconosciuta spesso anche da indagati ed imputati. Sempre umano e mai arrogante durante gli interrogatori di indagati o parti coinvolte. In diversi casi, anche gli indagati/imputati (spesso per fatti criminosi gravi), alla fine dell’atto o del processo sono andati a stringergli la mano per la professionalità e la correttezza dimostrati, indipendentemente dall’esito processuale.
Ho esagerato? Ritengo di no, forse ho omesso qualcosa, ma posso assicurare che chi l’ha conosciuto ne ha apprezzato tutte le doti e qualità che ho già elencato. Chi ha seguito i TG locali e nazionalinon può non apprezzare che ha dedicato il premio al suo compianto collega ed amico Antonio SMERIGLIO, mancato lo scorso anno. Con la sua umiltà e signorilità di sempre, durante uno scambio di messaggi con il gruppo di lavoro, per la suddetta premiazione, ha ringraziato noi collaboratori affermando che “…abbiamo vinto tutti insieme”. Che onore!
Senza contare l’affetto dimostrato da colleghi, amici e parenti il giorno della premiazione del Premio Borsellino. Gli stessi, da me informati, Sono rimasti entusiasti dell’operato del caro amico Roberto magistrato da cui prendere esempio.
Io aggiungo una frase del compianto dott. CAPONNETTO che ha istituito il premio BORSELLINO e che calza a pennello in relazione alla personalità dell’amico Roberto: “prima di tutto serve un esercito di maestri per combattere la mafia. È una battaglia che lo Stato italiano porta avanti con decisione ma che non può essere vinta se non si istilla nelle persone il senso profondo della giustizia e della legalità”.
Qualora ve ne fosse bisogno, evidenzio che recentemente il plenum del CSM lo ha votato all’unanimità per la sua assegnazione presso la DNA (direzione nazionale antimafia) e aggiungo che questa volta la meritocrazia ha trionfato nominandolo ufficialmente in data 12 novembre.
Ringrazio l’amica Donatella Brancadoro che mi ha dato una mano nella stesura del presente articolo.